lunedì 28 maggio 2007

Fiaba...

Il mito di Atlante.
Atlante era un mito, tanto che gli 8 e 8 e 3 19 gli avevano dedicato uno stornello. Solo che nessuno sapeva cosa fossero gli arbre magique, nè sapeva come trascrivere questa parola. Indi per cui la canzone a lui dedicata ebbe poco successo. Atlante abitava in quell'epoca dove la gente aveva un sacco di nomi strani; tipo aveva un babbo e una mamma che si chiamavano Giapeto e Climene, e il bello è che nessuno sapeva chi dei due era il babbo e chi la mamma e i nomi non aiutavano. Poi aveva due fratelli, Prometeo ed Epimeteo. Prometeo faceva il mariuolo di professione, e nel tempo libero si faceva mangiare il fegato da un'aquila. Epimeteo accettò un appuntamento al buio e si ritrovò sposato a Pandora, e tutti sappiamo come è andata a finire col suo pitale e l'urina radioattiva. Poi Atlante aveva un saaaaacco di zii, tra cui Iperione, Oceano, Crono, Rea, Causio, Tardelli, Bergomi, Zoff, Burgnich, Altobelli e Paolo Rossi. Insomma, viveva in un tempo dove le telenovelas non servivano, siccome non c'era la tivvù e i bimbi nascevano anche se si starnutiva. Capitava così che tu fossi figlio di tua sorella, nonno della mamma di tua moglie, zio della figlia lattaia della portinaia di tuo cugino, bisnonno della cognata di tua suocera. Atlante era un Titano. Figata penserete voi. Col cacchio vi dico io. Al tizio toccava reggere sulle spalle la volta celeste, questo perchè non stava simpatico al capo. Ora entra nella storia un eroe che si chiama come una cioccolata calda, Eràcle; il ragazzo prometteva bene nonostante la mamma si chiamasse Alcmèna. Era figlio del capo, Zeus; all'incirca era il 1564esimogenito. La cosa non andava troppo giù alla moglie del capo, Era, che decise di rompere le balle al brav'uomo. "Ciccio" disse la dèa dalle braccia lattee "se porti a termine dodici fatiche, che Ethan Hunt a confronto era un pischello, io, che sono dèa, ti faccio diventare dio quando lo dico io. E poi quassù potrai divertirti ad angheriare gli umani solo perchè sei immortale e ti annoi un botto". Oh, ma dodici fatiche mica da ridere. Addirittura spalare la merda dalle stalle più grandi e fetenti del mondo! Fatto sta che la cioccolata calda riesce a farle un po' tutte, ma gli manca di grassare un po' di mele d'oro dal giardino delle Espèridi. Che non era un giardino normale, dove puoi portare fuori il cane a fare la popò, dove i vecchi si lamentano dei magrebini che spacciano droga ai ragazzini che limonano duro e che si lamentano dei vecchi che si lamentano. No no. Era un giardino con una villa di marmo di proprietà del capo e della mugliera (quella ufficiale, quella acida per intenderci) a guardia del quale c'erano queste ninfe, le Esperidi, e un serpentone gigantesco avvinghiato all'albero e con cento occhi sempre aperti e dieci litri di collirio lì vicino. Qualcuno, Eràcle non si ricordava più chi, forse il cugino della mamma del becchino fratello del fioraio suocero dello zio della vacca che l'ha stracagato, gli aveva suggerito: "Fai rubare i pomi ad Atlante mentre tu gli reggi la volta celeste". Al nostro povero Atlante non sembrava vero, un pirla che si prende al posto suo la volta celeste sulle spalle. Andò così a rubare le mele d'oro, senza la minima intenzione di riprendersi quel fardello sulle spalle e sulle palle. Ora mi vergogno un po' per il finale, ma non l'ho scritto io. Eràcle disse "Vecchio barbaglio che non sei altro, reggimi un secondo la volta celeste che mi piglio un cuscino per stare più comodo" e detto questo si volatilizzò con i pomi rubati, avendo un appuntamento galante e trombante con la cugina della figlia della prozia di sua cognata. La morale è questa: nell'antica Ellade gli eroi erano certamente forti e valorosi, ma avevano a che fare con una serie di rincoglioniti che le adolescenti sul forum di Top Girl a confronto concorrerebbero per il nobel.

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