lunedì 14 maggio 2007

Pasqualino Trattopèn...

Nel ridente paesino di Oliva Mantecata, un piccolo villaggio ai piedi del Monte Peto, un vulcano sulfureo, il tredicesimo picco della catena dei Meteorismi, bagnata dal Mar Castrato, che a sua volta bagna l'Isola Eunuca, dalle cui coste si intravede la Penisola della Mani Basse, dove non ci sono cittadine sul mare, beh nel ridanciano paesino di Oliva Mantecata, in perenne lotta col confinante villaggio di Oliva all'Ascolana per chi producesse il miglior distillato di cheerios, viveva Pasqualino Trattopèn, giovanissimo sessantaquattrenne commerciante di Kebab, o, secondo la pronuncia in vigore nella mezzadria di Lugagnano di Sona, di Braparinti, che, per i meno attenti, è Kebab letto al contrario.
Pasqualino Trattopèn, nato da Maristolfa Pantanata e Astolfo Temperamatite, detto "il gonfio" per la perenne orchite genetica, gestiva il suo ridente negozietto con ridente allegria, servendo una ridente cipolla quando richiesto e un'ustionante salsa piccante anche quando non richiesto. Per questo fu incriminato e incarcerato; gli furono comminati sette anni con la condizionale per aver servito salsa piccante a persone non consenzienti, e due giorni con qualche rimbrotto per lo spaccio di eroina tagliata col dixan, che nascondeva nel retto dei montoni.
In prigione il ridente Pasqualino, ridente per il rictus, Pasqualino per l'anagrafe, trovò l'amore in Teofilo T'anculowski, anziano ventenne bielorusso, omosessuale dalla nascita, bielorusso in seguito a virus contratto a Minsk. L'amore scoppiò ridente e fulminante; Pasqualino si lasciò trasportare nonostante uno sfintere restio e riluttante. Il sentimento dei due amanti fu coronato attraverso un matrimonio metà indù metà ortodosso, per venire incontro alle religioni degli sposi, rispettivamente musulmana sciita e uno strano miscuglio tra animismo e shintoismo. La bella cerimonia, durata quasi quarantasei settimane quasi ininterrotte, in tutto due ore a quarantasei settimane di distanza l'una dall'altra, fu celebrata da Don Casimiro, bolsa giocatrice di curling del Malawi che, percependo la vocazione, prese i voti e anche qualcos'altro, diventando il beneamato Casimiro.
La morale di questa ridente favola è che a volte spacciando dell'eroina nel retto di un montone la cui carne è destinata ad essere venduta sotto forma di Kebab, si può anche trovare l'amore nel bagno del carcere. Che è una morale di merda,ma noi favolisti postmoderni siamo profondamente contrari alle morali del cazzo.

2 commenti:

Beppe Dejan ha detto...

Bella Cippe, questo racconto è bellissimo... sono piegato in due. Ne voglio ancora!!

Ken Adams ha detto...

Veramente. Opera tua originale? Dovresti farne uscire un certo numero e poi raccoglierle in un libro, e poi farne una ristampa, e poi una seconda edizione con 2 racconti inediti, in modo che quelli che hanno preso la prima edizione rimangono inculati e devono ricomprare tutto per avere solo 2 racconti inediti in più, che alla fine della fiera non sono niente, ma non è mica come la musica che quando esce una riedizione con dei pezzi inediti e tu hai già la prima edizione puoi non comprare la riedizione e dire "Che cazzo me ne frega, io mi scarico gli inediti da internet e fanculo alla Siae", eh no, non puoi fare così, perché i racconti non li scarichi mica da internet, a meno che non siano scritti da qualche parte, tipo su un blog, che poi è proprio questo il caso, e allora uno potrà scaricarseli dal tuo blog e a sto punto non mi piglio neanche la prima edizione, tanto lui se li mette sul blog e io li copio e incollo su word, e così senza doverlo acquistare ho tutto il libro, che poi probabilmente non uscirà mai perché tutti si scaricheranno i racconti da internet. -->

--> Questo è il frutto dello studio di Storia, chiedo scusa.