domenica 18 marzo 2007

'Na Recinzione...

Lo stimatissimo Valerio Mastrandrea non capiterà mai su questo blogghe (il copyright per la tal espressione è sempre da ricercare a Mantova e dintorni, a casa di Giuggiù); ma per onestà (onestà?!) debbasi ricordare che le Recinzioni le ha inventate il sopracitato stimatissimo. Ora, siccome il dialetto romano lo ciancico sì e no, ma più no, delle originali recinzioni rimarrà solo il nome. Perchè? Perchè me piace..
La Recinzione di oggi, che inaugura questa gustosissima rubrica (gustosissima?!) (rubrica?!), è nientepopòdimenoche quella di BORAT. Il titolo del film non è per nulla completo, mancano i due punti e un pantagruelico sottotitolo che non ricordo e non voglio storpiare, onde per cui (=vibratori anali.. questa ci vuole un po' a gustarsela, specie se non si è veronesi..) procediamo con la discettazione, che è un modo abbellito per dire che mo' vi propinate quello che penso io di tal pellicola.
Ecco la prima cosa interessante: questo film è un mockumentario. Che non è un nuovo ceppo della sifilide appena creato in vitro da al qaeda.. si tratta, infatti, di un finto documentario che viene spacciato come vero.. bello no?? vabbè. Comunque oltre al Borat mi è capitato di vederne altri due di 'sti mocku:
This is the Spinal Tap: un film americano che parla della finta peggior band di heavy metal della storia, gli Spinal Tap.
Ma quello che vi consiglio io è l'idiota sopra ogni limite Road to Torino 2006, che ovviamente viene dal Giappone, dove se non nascono dementi i bambini li buttano con l'acqua sporca e affanculo il proverbio.. Questo film parla invece di uno scienziato giapponese che inventa il salto con gli sci a coppie (sic!) e lotta con tutte le sue forze per renderlo sport olimpico entro Torino 2006.. impagabile.
Il Borat ci racconta invece dell'omonimo giornalista kazako, spedito dal patrio governo negli US&A con lo scopo di imparare quanto più possibile dal paese più grande ricco e potente del mondo, per rendere il Kazakshtan un paese migliore. Purtroppo il nostro Borat, in un albergo niuiorchese (credo proprio sia questa la corretta computazione del vocabolo), si trova a guardare una vecchia replica di Baywatch. Chi, e dico CHI, nella sua miserrima vita non si è mai bloccato con le chiappe incollate al divano, la mascella slogata da quanto è spalancata, un rivolo di sbauscia che va a insozzare il tappeto nuovo dell'Ikea, ipnotizzato da questo su e giù.. su e giù.. su e giù.. di cotanti immensi senoni di ragazze tremendamente eccitanti? Bene, anche per Borat è così; si innamora di Pamelona nostra Anderson, e vuole raggiungerla in California. Parte il coast to coast meno convenzionale della storia del cinema.
Ora, il film è molto bello.. mostra il volto più o meno nascosto degli americani: un popolo omofobo, xenofobo e un tantino ipocrita, un popolo la cui rappresentante migliore è una prostituta obesa di colore, mentre quelli più onesti sono degli studenti di una confraternita ubriachi spolpi.. non un granchè, vero? Beh, per impressionare su pellicola tutto 'sto ben di Dio ci vuole un pelo sullo stomaco con cui ci si può fare proprio un bel riporto; e Sacha Baron Cohen, il pirla inglese che sta dietro la maschera baffuta di Borat, è decisamente l'uomo per voi. Film appositamente dedicato a chi ama quel tipo di umorismo fine e intellettualmente alto, ma che al contempo non ha per niente paura di smerdarsi scendendo verso i piani bassi dello spettro della risata.. voglio dire, si può ridere (o meglio, sorridere) sia leggendo Oscar Wilde, sia guardando Animal House.. i maestri di questa commistione fra alto e basso sono decisamente i Monty Phyton: consiglio ora e sempre Il senso della vita.
Borat è un tantino (qual eufemistico eufemismo) forte, e a mio avviso necessita per la fruizione di un gran bella corazza di ironia, ma di quella cinica e politicamente schifosamente scorretta. Se non l'avete rischiate di uscire offesi e delusi dalla sala, e un film bello come questo non lo merita.. booya

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